mercoledì 20 giugno 2012

Intervista a Nino Fancello


Nino Fancello, fotografo e fondatore dell’Associazione Sa Testa, è senz’altro uno dei più noti indipendentisti Sardi. Attualmente a processo per aver preso parte ad una protesta all’interno della base militare italiana di Capo Teulada, ha riscosso solidarietà da tutte le componenti del mondo indipendentista per il suo coraggio e perseveranza.

Nino, raccontaci un po’ di te. Come ti descriveresti.
Mi descrivo come un Olbiese che vendendo da ragazzo la sua città e la Gallura crescere ha capito che qualcosa non funzionava nel modello di sviluppo che ci è stato trasmesso. Certo, il benessere dato dal porto e dall’aeroporto, frutto della felice posizione geografica, e lo sviluppo del turismo costiero della Costa Smeralda  davano posti di lavoro. Ma la contropartita era troppo alta. Significava cedere la i luoghi nei quali da ragazzo si girava liberi. Autentici espropri di sovranità nazionale poi come la base militare della Maddalena, poi, sono semplicemente intollerabili.

E dunque sei diventato indipendentista.
Diciamo che la ribellione a quanto descritto prima è stata un atto naturale, susseguente. Una presa di coscienza di un indipendentismo secondo me presente in ognuno di noi. Questa mia originaria presa di coscienza, dapprima da singolo, la ho poi successivamente condivisa in Sardigna Natzione e talvolta assieme ad altri componenti dei movimenti indipendentisti, con il pensiero, il lavoro, l’attivismo e l’impegno politico.

La specificità gallurese nella nazione Sarda. Dicci la tua.
La Gallura ha evidenti differenze linguistiche e storiche. La lingua innanzitutto, ma anche una penetrazione minima degli influssi spagnoli negli usi e l’architettura molto più presente in altre parti della Sardegna.  Inoltre l’influenza della politica nella nostra area è stata davvero pesante, credo la più pesante tra le regioni della Sardegna. Il bavaglio posto ai Sardi in generale in quest’area è forse ancora più stretto.
Il cumulo di interessi economici unito alla peggiore politica importata dal continente fa della Gallura, una terra naturalmente aperta agli scambi e all’accoglienza un luogo dove spesso chi viene da fuori non sempre è bene intenzionato.

Vedi realizzabile una piena sovranità della Sardegna nel medio termine?
Siamo succubi della 7° potenza industriale del mondo, un paese di 60 milioni di abitanti nel soggioga uno di poco più di un milione e mezzo. La costante demolizione delle nostre tradizioni culturali, economiche, linguistiche è costante. Fin dalla scuola la nostra storia è cancellata. Le nostre risorse alimentari e le loro potenzialità in termini di mercato annichilite dal peso economico di aziende enormi con fatturati e potere di penetrazione per noi irraggiungibili. Le nostre imprese non possono neppure lavorare nel nostro territorio per via di leggi fatte apposta per tenerle fuori. Le sterili lamentele dei nostri politici sono inutili.
Tuttavia io dico che i presupposti ci sono. Certo occorre fare molto in termini di coscienza civica e culturale e rendersi conto di un aspetto fondamentale: solo noi possiamo essere gli artefici della nostra sovranità. Nessuno ci regalerà mai nulla anzi la storia ci insegna che chi è venuto qui è sempre venuto per prendere, mai per dare.
Ma abbiamo potenzialità eccezionali. Una posizione strategica al centro del Mediterraneo, che l’indipendenza esalterebbe, al contrario di chi immagina un’Isola relegata in se stessa. Abbiamo dato all’Italia due presidenti della Repubblica, personalità come Gramsci o Belinguer. Un Perdersi oggi in “se e ma” politici non serve a nulla. Davvero, pensarsi oggi indipendentista significa volesi bene.

Diventi presidente della Sardegna: quale sarebbe la tua priorità?
Avrei un compito enorme. Per certo mi circonderei delle migliori “teste” della Sardegna per riscrivere le nostre leggi nella maniera più consona alla nostra cultura, economia ed ambiente. L’indipendenza della Sardegna diverrebbe come una nuova “Rivoluzione Cubana” dove ciò non sia inteso da un punto di vista politico o militare quanto piuttosto come esempio per altri popoli che oggi non sono liberi o che lo sono ma sono male amministrati dai loro politici.

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