lunedì 3 dicembre 2012

iRS Gallura sui ritardi per il ponte del Padrongianus


La chiusura della SS 125 per i lavori di realizzazione del nuovo ponte sul Rio Padrongianus  sta creando gravi disagi per gli abitanti dell’intera area nei rioni di Poltu Quadu e Sa Marinedda ; chi vive  a Multa Maria e al Lido del Sole è infatti costretto a compiere un enorme giro di circa 25 Km per raggiungere la parte sud della città di Olbia, utilizzando una deviazione stradale che, quando i lavori saranno ultimati,  diventerà l’ennesima opera inutile e che comporterà un ulteriore consumo di suolo. Una spesa, quella per la realizzazione della deviazione, che forse si sarebbe potuta evitare con la installazione di un ponte provvisorio e rimovibile.
Per altro, l’opera in questione è anche stata realizzata con molto ritardo (ben cinque anni con un’ incomprensibile chiusura totale del ponte al 20 agosto 2012, praticamente ancora in piena stagione turistica) , arrecando così ulteriori deleterie conseguenze all’economia della zona. Infatti le oltre 30 aziende che gravitano nell’area interessata hanno visto crollare il loro fatturato dal 30 al 50%, con le inevitabili ripercussioni sul piano occupazionale.
IRS Gallura, oltre a confermare il suo impegno nella costante verifica delle tempistiche di realizzazione del progetto, chiede che  l’amministrazione comunale preveda per le aziende penalizzate, una riduzione sul pagamento delle imposte comunali (Imu e Tarsu) al fine di alleviare, almeno in parte, i disagi generati in seguito alla mancata conclusione dei lavori.
Salvatore Crobe  - iRS Gallura

venerdì 16 novembre 2012

iRS Gallura intervista Emiliano Deiana



Emiliano Deiana è il Sindaco di Bortigiadas. Giovane (38 anni) ma già con una significativa esperienza amministrativa alle spalle, è anche autore di un blog Diario di un Sindaco di campagna, che porta a mio avviso un interessante contributo oltre che a vicende politiche di rilevanza più italiana, anche e forse soprattutto locali, spaziando da temi più vicini al suo paese natale ad altri come il lavoro, la lingua, il territorio sardo.


Emiliano, raccontaci un po’ di te. Come ti descriveresti?

Sono una persona assolutamente normale. Mi piace leggere, ascoltare della buona musica. Sono una persona curiosa, ecco. Quello che mi muove è la curiosità di imparare cose nuove, di conoscere luoghi e persone diverse. Anche se da questo punto di vista sono un viaggiatore sedentario, viaggio molto con la fantasia e in questo mi aiutano i Social Network grazie ai quali riesco a mantenermi in contatto con molte persone con le quali difficilmente avrei potuto avere un dialogo. Dalle persone normali a quelli che si considerano “potenti”.

Tempo fa ho letto con interesse alcuni tuoi interventi sulla lotta allo spopolamento dei piccoli comuni Galluresi. Come stai portando avanti concretamente questa battaglia a Bortigiadas?

Una premessa. Da quando sono stato eletto Sindaco di Bortigiadas nel 2005 ad oggi è cambiato il mondo. Eppure già da allora, e lo scrivemmo nel programma elettorale, le avvisaglie della crisi c’erano tutte. E l’unica risposta che si poteva (e si può dare) alla crisi è una risposta locale.
Solo con un progresso armonico delle comunità, a partire da quelle più piccole e marginali, ci si può salvare. E ci si salva tutti insieme non ciascuno per proprio conto. Le politiche che abbiamo attivato a Bortigiadas sono politiche esportabili. Dal 2005 abbiamo istituito un contributo di 1.000 euro per ogni figlio nato. Un contributo per i bambini da 0 a 6 anni che accompagna le famiglie nella crescita dei figli, nella loro cura e nel loro benessere. Questo non è solo un atto concreto – monetario – è un atto altamente simbolico perché stiamo dicendo “nessuno in questo Paese resterà solo. E lo abbiamo dimostrato difendendo, con le unghie e con i denti la presenza della scuola nel nostro comune. Abbiamo fatto investimenti importanti nei campi della cultura, dell’ambiente, delle energie rinnovabili, della difesa del suolo, della riqualificazione urbana. Abbiamo attivato, per la prima volta nella storia comunale di Bortigiadas, una politica pubblica per la casa con l’acquisto, la ristrutturazione e la riqualificazione di immobili dismessi da destinare prioritariamente alle giovani coppie. Ogni intervento da solo non basta, ma all’interno di un sistema complesso di politiche pubbliche è possibile, se non invertire la tendenza, almeno porre un argine allo spopolamento.

Come vedi questo interesse della sinistra isolana ad istanze di tipo “sovranista”, quali quelle che iRS sta portando avanti?

La dico in maniera chiara, come mio solito. La sinistra, Il Pd in particolare, non può far finta di nulla davanti alle istanze di indipendenza. Io vorrei i sardi indipendenti, prima della Sardegna indipendente. Li vorrei indipendenti nel pensiero, nell’elaborazione politica. Li vorrei indipendenti dal punto di vista energetico e senza bisogno di consumare l’ambiente e farcelo devastare. Li vorrei indipendenti nella scuola, nell’Università, nella organizzazione del sistema di governo locale.

La specificità Gallurese nell'ambito della Sardegna. Dicci la tua.

Io sono gallurese al 100%, penso in gallurese, parlo in gallurese. Ma non lego questa mia appartenenza umana, culturale al mantenimento di istituzioni – penso alle Province – difficilmente difendibili con la pubblica opinione. Un sistema istituzionale ridondante è nemico dei popoli così come è nemico dei popoli il proliferare di burocrazie intoccabili. In Gallura abbiamo un deficit culturale: pensiamo – i più pensano - di poter fare a meno della Sardegna. Io non voglio fare a meno di nessuno. Io vorrei essere Sardegna. Ma in Gallura abbiamo anche una grande opportunità: la osserviamo la Sardegna dall’alto. E dal basso guardiamo la Corsica. E di lato osserviamo il Continente. Siamo il crocevia della Sardegna. E di questo noi dobbiamo averne coscienza. Non oltre la Sardegna, ma dentro. In tutto e per tutto.

Vedi realizzabile una piena sovranità della Sardegna nel medio termine?

Sono un riformista. Ma un riformista che ha chiaro l’obiettivo. L’obiettivo è una Sardegna davvero sovrana. Ma sono altresì consapevole che le riforme non si fanno senza popolo. Ed è per questo che lavoro a un Pd autonomo, magari federato, con quello nazionale. E le forze politiche che hanno – pur coi difetti e le degenerazione che non nego e combatto – sono fondamentali per una svolta epocale. Non so quantificare il tempo. Serve un cambio culturale che ha bisogno di tempo, che ha bisogno di entrare nel profondo nella comunità sarda. Spesso i sardi sono stati i peggiori nemici di se stessi. Per questo, come passaggio intermedio, vedo l’approvazione di un nuovo Statuto “spinto”, estremo nella rivendicazione dei poteri e delle competenze. Vorrei la Sardegna come isola di pace, che rifiuta ogni servitù militare e ogni servitù ambientale. Sui tempi non so davvero cosa dire: ma quello che era inimmaginabile ieri può essere pensato oggi. E quello che è pensato oggi non credo sarà impossibile da realizzare in un futuro prossimo.

Diventi presidente della Sardegna: quale sarebbe la tua priorità?

Affrontare, con politiche attive, l’immenso problema demografico della Sardegna. Lo fare affermando che il sistema istituzionale sardo si fonda sulle 377 autonomie comunali. Da Cagliari a Baradili, da Sassari a Monteleone Roccadoria, da Olbia a Bortigiadas. Ed attiverei politiche serie che prevedano un ritorno alla terra: all’agricoltura, all’allevamento, alla pastorizia. Un ritorno alla terra che è parte di un enorme investimento sulla scuola e sulle Università. Perché non si salveranno, nei prossimi decenni, i popoli più forti, ma quelli più istruiti. In un sistema così pensato è fondamentale l’apporto della migrazione. La Sardegna si deve trasformare da terra di migrazione in terra di accoglienza. Accogliere chi è emigrato dalla Sardegna per bisogno ed accogliere flussi migratori che dall’Africa spingono verso l’Europa. La Sardegna saprà stare in un mondo che cambia se sarà parte di quei cambiamenti, non se vi si opporrò passivamente accentuando il declino che già vediamo essere realtà e, se le cose non cambieranno, essere il futuro. Per questo vedo nell’autonomismo “spinto”, nel sovranismo le basi per una futura indipendenza che non dovrà mai essere declinata nella forma di chiusura verso il mondo, ma nella formula più rischiosa, ma più affascinante, dell’apertura al mondo, alla pace, alla fratellanza di popoli.




Andrea Randaccio
iRS Gallura

venerdì 26 ottobre 2012

iRS Gallura intervista Marino De Rosas


Marino De Rosas è forse il più conosciuto chitarrista Sardo in attività. Olbiese D.O.C., coniuga gli straordinari virtuosismi tecnici ad un viscerale amore per la sua terra, testimoniato da una produzione musicale nata nel 1965.

Marino, ti va di descriverti?
Descrivermi? Essere auto descrittivi significa, soprattutto, essere autocritici e questo non è quasi mai facile. Comunque ci provo.
Estroverso ma allo stesso tempo riservato. Non amo il clamore, il chiasso e, intimamente, mi sento un po’ vanitoso. Amante del buon umore fin da piccolo ma impulsivo e sanguigno quando mi va storta. Comunque credo di essere un buono (almeno credo). Odio tutto ciò che ritengo ingiusto e, di ingiustizia, purtroppo, ne vedo tanta. A proposito, sai chi ha inventato la Pigrizia?
L’ho inventata io … Meglio domani ciò che si potrebbe fare oggi: ci si allunga la vita..!
Comunque: piuttosto che fare una cosa subito e male, meglio farla più tardi, ma farla meglio.

Ti senti indipendentista e se si come lo sei diventato?
“Libaltai e Sanitai, sei riccu e nò lu sai” (Libertà e Salute, sei ricco e non lo sai) diceva mia nonna gallurese D.O.C.. A parte la salute, amo la libertà più di ogni altra cosa. Questo è il mio concetto di “indipendenza”. A volte mi sento libero, a volte meno. Dipende dal momento politico che si attraversa e questo, è un brutto momento. Liberarsi ed essere indipendenti è sempre stata, ed è, l’aspirazione di ogni Nazione civile. Io mi sento di appartenere alla Nazione Sarda. L’unica mia paura, però, è quella che, saltando dalla padella, potrei finire nella brace …

La specificità della Gallura nell’ambito della nazione Sarda. Dicci la tua.
Mi viene in mente quell’aneddoto in cui si racconta che un tempo i Maddalenini, quando dovevano andare a Palau, dicevano: “.. andemu in Sardigna...”. La Gallura è specifica quanto lo è il Logudoro, il Campidano, la Barbagia e via dicendo ma niente di più. Più o meno come i Nativi d’America (i cosi detti Pellirosse) nella Nazione Indiana. Nonostante queste specificità la Nazione Sarda è, geograficamente e culturalmente, un’entità unica. Non bisogna confondere però le specificità con le divisioni. Altrimenti diamo ragione agli Spagnoli quando dicevano “pocos, locos, ecc…”.

Dal tuo punto di vista la Sardegna potrebbe essere pronta per la piena sovranità nel medio termine?
Dal mio punto di vista la Sardegna è pronta, i Sardi no. Scusa il gioco di parole ma mi spiego meglio. Ipotizzando piena sovranità nell’immediato, la classe dirigente non sarebbe altro che la stessa che attualmente ci governa da Roma. La stessa che in passato aveva deciso per la petrolchimica al posto dell’agricoltura, per il cemento al posto dell’ambiente e via dicendo. Bene o male, chi va al potere ci arriva perché ha il danaro per finanziarsi le campagne elettorali e questo denaro speso, in un modo o nell’altro, deve rientrare. Finora è rientrato attraverso la svendita di risorse che, se fossero state sfruttate meglio, avrebbero potuto dare un futuro migliore alle nuove generazioni. Forse sono un po’ astratto ma il quadro attuale è abbastanza evidente.
No, non siamo ancora pronti. Dobbiamo prima fare un salto di qualità culturale al pari di una vera e propria Rivoluzione. Ci vuole tempo, ancora, in fondo, come ho detto prima a proposito della pigrizia (ma questa volta non per pigrizia), ci allunghiamo la vita …

Ho una notizia per te. Diventi presidente della Sardegna: quale sarebbe la tua priorità?
Attivare quanto prima una campagna di propaganda mediatica a tappeto per far capire a “tutti” i Sardi quale immenso valore abbia questa nostra Terra, in modo da imparare a difenderla, proteggerla ed amarla come si ama la propria Madre, infine, fatto ciò, cercare subito uno più bravo di me, trovarlo e … dargli le consegne!


Andrea Randaccio
iRS Gallura


mercoledì 5 settembre 2012

Intervista a Francesco Giorgioni

Francesco Giorgioni, arzachenese, è un giornalista di cronaca che ha scritto per l’Unione Sarda, Il Sardegna, Sardegna 24 ed il Fatto Quotidiano. 

Francesco, Raccontaci un po’ di te. Come ti descriveresti?

Sono uno che osserva il mondo e ne fissa le immagini che più lo colpiscono attraverso la scrittura: scrivere è l’unica cosa che penso realmente  di saper fare. Nella mia vita ho studiato, ripulito spiagge, lavorato come addetto alla sicurezza in Costa Smeralda e, infine, fatto il giornalista. Pensavo fosse un traguardo, prima di scoprire che la vita è un divenire e veri traguardi non ne esistono.  Oggi un vero lavoro non ce l’ho, ma siccome non scrivo solo per soldi ma piuttosto per una esigenza quasi fisiologica sfogo questo bisogno attraverso il mio blog. Ho anche un libro pronto, ma per una inspiegabile forma di pudore non ho mai proposto ad alcun editore di pubblicarlo.

Come vedi questo interesse della sinistra isolana ad istanze di tipo “sovranista”, quali quelle che iRS sta portando avanti?
“La Sardegna è un continente” soleva dire Andres Fiore, animatore di serate ma soprattutto uomo di cultura. Era un romagnolo pieno di charme e decise di vivere in Gallura perché non c’era una terra uguale al mondo.  Parlo di lui perché ho impresso il suo stupore negli occhi, quando con garbo accennava alla inconsapevolezza degli stessi sardi sulle potenzialità della nostra Isola.
Abbiamo peculiarità tutte nostre, risorse ancora inesplorate e dobbiamo credere più in noi stessi, puntare ad una autodeterminazione che deve  nascere dall’orgoglio di essere quelli che più di ogni altro hanno diritto di decidere sulle sorti di questo posto.  Che la sinistra comprenda quanto sia importante valorizzare i nostri punti di forza in un’ottica sovranista  mi pare il risultato di idee e convinzioni che sempre più permeano l’opinione pubblica. E che, bisogna riconoscerlo, sono merito di battaglie e campagne di voi indipendentisti, anime candide della politica intesa come spirito di servizio.


Le infiltrazioni mafiose in Gallura: pericolo sopravvalutato o autentica emergenza?
Oltre alle recenti cronache giornalistiche esiste un documento che chiarisce ogni dubbio: l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Guido Salvini che chiudeva l’indagine Dirty Money sugli investimenti della ‘ndrangheta calabrese in Gallura. Da quell’atto  si capisce quanto la malavita organizzata sappia insinuarsi tra i pezzi forti dell’imprenditoria e della politica locale, molto attente alla liquidità di questi capi criminali. Se n’è parlato poco, certo: toccare i potenti è sempre scomodo.

La specificità Gallurese nell’ambito della nazione Sarda. Dicci la tua.
Noi galluresi  abbiamo il turismo. Non vediamolo con  la solita immagine stantia del principe che costruisce quattro alberghi e dieci ville comprando i terreni per un tozzo di pane e assumendo manovali e guardiani. Se il turismo sta in Gallura è per una serie di ragioni da sommare l’una all’altra: la nostra ospitalità, il nostro incomparabile patrimonio paesaggistico, il fatto che siamo un popolo sostanzialmente pacifico e non soffriamo di pregiudizi  contro chi viene dall’altro lato del mare. Non tutti gli investitori sono colonizzatori o speculatori senza scrupoli,  e forse questo in Gallura lo abbiamo capito prima per esperienza diretta.
Il turismo è un motore che, se giudiziosamente utilizzato, potrebbe avviare tanti altri settori produttivi che oggi arrancano: si chiamano piani di sviluppo integrato. Aggiungo una riflessione: conosco un imprenditore gallurese di fama, Renato Azara, general manager della Sardinia yacht services, che sulla sovranità sarda e gallurese sta conducendo autentiche battaglie culturali. Parla tante lingue e conosce grandi personalità di tutto il mondo, ma la sua convinzione sulla sovranità sarda cresce di giorno in giorno. Battaglie non campate per aria, ma basate sul principio che i nostri marchi e le nostre risorse vadano difese e valorizzate da chi più ne conosce il prestigio.


Vedi realizzabile una piena sovranità della Sardegna nel medio termine?
Dipende da noi, da quanto questa presa di coscienza delle nostre potenzialità sappia radicarsi nell’animo di ogni sardo. I presupposti - nel senso della materia prima, intesa come risorse e competenze – ci sono tutti.

Diventi presidente della Sardegna: quale sarebbe la tua priorità?
Primo: attuare il principio della continuità territoriale che mette sullo stesso piano la Sardegna alle altre Regioni italiane. Io, sardo, devo spendere per andare nel Continente quanto un brianzolo spende in treno per spostarsi tra Lombardia e Piemonte, per fare un esempio. Poi cercherei  di restituire popolarità alla politica. Attraverso riunioni di giunta itineranti che prevedano ogni mese il contatto tra governatore e popolazioni locali, ma anche mediante un sistema di informatizzazione che permetta ad ogni sardo di sapere, in tempo reale, cosa la nostra Regione produca per loro. La priorità è restituire alla gente un minimo di fiducia nella propria classe dirigente. Va da sé che parlo di una nuova classe dirigente, non di quella attuale che ha ampiamente fallito su tutti i fronti.

Andrea Randaccio
iRS Gallura

giovedì 16 agosto 2012

Un po' Sardi e un po' no. Forse un po' troppo comodo.


In questa foto, che ho scattato dallo schermo del televisore, a mio avviso si evince uno spaccato del giovane sardo di oggi. Infatti chi non è italiano penserebbe che quei due ragazzi tifano due nazioni diverse, confondendo magari la bandiera sarda con quella georgiana. Certo, quei ragazzi tifano un atleta italiano. In fin dei conti sono italiani: "linguisticamente", "culturalmente", "politicamente". Ma sono anche sardi, per gli stessi motivi (mi permetto tutt'al più di aggiungere "geograficamente").


§ Linguisticamente il giovane sardo capisce la sua lingua quasi sempre, ma sempre meno la parla. La tradizione orale e non scritta è stata una disgrazia per i nuragici, dei quali sapremmo oggi ben di più se essi avessero avuto una qualche forma di scrittura. Oggi non è molto diverso dal tempo del nuraghe, anzi. La progressiva italianizzazione figlia della TV ha reso l'uso della lingua dei nostri padri marginale. Già afflitti da un   falso ed ingiustificato (eppure atavico) sentimento di inferiorità rispetto allo straniero, i sardi come noto spesso provano pudore (per non dire vergogna) a parlare la propria lingua al di fuori di un contesto familiare o strettamente circoscritto al paese. Per il resto del mondo essi sono italiani. Ne parlano la lingua, appunto.
§ Culturalmente quei giovani sardi sono italiani. Ne conoscono storia (italiana appunto, non sarda), sanno degli Etruschi ma non dei sardi nuragici, di Scipione l'africano, ma non di Ichnusa, sanno di Lorenzo il magnifico, ma non di Mariano IV, sanno di Mazzini ma non di Pitzolo. Sono italiani nell'aver studiato gli affluenti del Po e non l'idrografia sarda, nell'aver studiato Dante piuttosto che la Carta del Logu, i monti degli Appennini e non quelli del Limbara. Sono i figli di quella forzata italianizzazione che ci fa consci delle bellezze di Ravenna e ignoranti di quelle di Castelsardo, della bellezza di San Pietro piuttosto che di quella di Saccargia.
§ Politicamente quei due ragazzi sono italiani, in quanto votano all'interno di un sistema politico italiano. Non meno sono sardi, perché potrebbero, utilizzando il medesimo strumento che è il voto, decidere di scindere il destino della loro isola dall'italia. Potrebbero, appunto.

Eppure questi due ragazzi, così inseriti nel contesto politico, culturale, linguistico italiani sentono spontaneamente la necessità di evidenziare questa loro peculiarità, con quella bandiera, quelle fascette. Perchè? Non sarebbe bastato scrivere all'interno della parte bianca della bandiera "Selargius" o "Oschiri" per definire il posto da dove provengono?
Certo è che il loro desiderio di esplicitare la loro differenza è spontaneo. Non meno certo è che questi ragazzi sono italiani. Ecco, questa dicotomia tra sardo ed italiano, tra piccola e grande patria è a mio avviso ciò che sta alla base della particolarità di quella foto. In questa doppia Patria, in questo prendersi il buono dell'una (l'atleta italiano che gareggia alle olimpiadi) e quello dell'altra (l'orgoglio di far parte di una piccola patria).  

Ed è una posizione che io reputo un po' troppo comoda. 


E' infatti comodo sentirsi italiani quando si guarda la Vezzali, e sardi quando si legge dei privilegi della "Casta" che peraltro noi sardi come gli altri italiani abbiamo contribuito a mettere dove sta.

Forse è giunto il momento di rendersi conto che si può andare alle olimpiadi e magari non vincere neppure una medaglia, che si può essere orgogliosi supporter di una squadra che non arriva alle fasi finali di un europeo di calcio, che si può tifare una squadra che quando va bene esce al secondo turno della europa league. Che essere davvero cittadini una piccola patria può essere non meno bello di quello di essere cittadini in un (grande?) patria.
E forse, chissà, potrebbe essere bello scoprire che ci sono altri sport oltre il calcio, altri valori oltre alla vittoria ad ogni costo, che se non vinci la colpa è sempre dell'arbitro e non tua. 
E che magari ci possa essere una qualche soddisfazione a non vedere più le risorse che sarebbero dovute essere usate per le tue strade, i tuoi ospedali, le tue scuole sono davvero spesi per quello e non per alimentare una guerra in Afghanistan, o inutili presidi militari in Libano, Kossovo, o nell'acquisto di modernissimi cacciabombardieri.

Forse, davvero, quei ragazzi potrebbero andare a Londra, a Rio o dovunque ci sarà una olimpiade e tifare un atleta sventolando una sola bandiera, ed essere riconosciuti come cittadini sardi. E non importa se il nostro atleta arriverà penultimo. Alle olimpiadi non vale forse il detto di De Coubertin "
l'importante è partecipare"?



Andrea Randaccio
iRS Gallura


venerdì 3 agosto 2012

Intervista a Giovanni Masala


Giovanni Masala, docente di lingua e civiltà sarda presso il dipartimento di Lingue e Letterature romanze delle Università di Stoccarda e Zurigo, editore dei raffinati volumi della collana Sardinnia, è certamente uno dei maggiori alfieri della cultura Sarda all’estero.

Giovanni, ti va di descriverti?
E’ certamente difficile descriversi, dicoamo che ho fatto della mia passione (la lingua sarda) un lavoro, anche se non sono diventato, ma non era questo l’obiettivo. Insegno sardo all’univeristà di Stoccarda (città in cui vivo) e di Zurigo , il più bel lovoro del mondo! E inoltre il mio professore di Stoccarda, Georg Maag, mi ha aiutato a fondare Sardinnìa, la collana studi sulla Sardegna, di cui io sono il curatore. Finora abbiamo pubblicato 12 volumi, uno all’anno, su svariati argomenti sardi. Un click su questo sito: http://www.sardinnia.it mostra in breve i nostri sforzi.


Come è conosciuta la Sardegna in Germania? Che idea ha quel popolo di noi?
Un giorno a casa mia a Stoccarda è venuto un idraulico per una riparazione, un tedesco e mi ha chiesto la mia provenienza. Alla mia risposta mi disse che noi Sardi siamo “diversi" avendo avuto colleghi di lavoro sardi e reputandoli più affidabili rispetto agli altri italiani. Non so se è stato un complimento o meno, ma una mezza verità sicuramente. A volte se dici “Ich bin aus Sardinien” mi rispondono “Ah, bist du Sizilien” (vieni dalla sicilia). Ecco diciamo che molti confondono e scambiano la Sardegna con la Sicilia. Io sono là per farci conoscere meglio.
 
Ti senti indipendentista e se si come lo sei diventato?
Si mi sento indipendentista e sicuramente la lontananza dalla mia terra ha giocato un ruolo fondamentale. Ma la maggior parte dei Sardi all’estero, va detta la verità, la pensa diversamente. Aver conosciuto 10 anni fa iRS mi ha dato magior coscienza.

Reputi che la Gallura abbia delle specificità nell’ambito della nazione Sarda? Dicci la tua.
Per quanto riguarda i miei interessi scientifici e personali, la sua specificità linguistica e culturale, deve essere preservata, prima di tutto introducendo in tutte le scuole elementari galluresi due o tre ore obbligatorie della variante locale, esattamente come già si fa con l’inglese.

Dal tuo punto di vista la Sardegna potrebbe essere pronta per la piena sovranità nel medio termine?
Sicuramente potrebbe essere pronta ma è necessario che nel breve termine si punti al federalismo alla tedesca, in cui lo stato detiene alcuni ministeri, mentre il resto è di competenza delle regioni. Ma è fondamentale che a breve termine in Italia, al posto del senato, venga istituito il cosiddetto “Bundesrat” ovvero il Senato delle Regioni, formato dai preseidenti dei governi regionali e tre o quattro assessori, che una volta al mese si riunirebbe a Roma per discutere e approvare le leggi di competenza regionale. A seconda delle scadenze elettorali delle singole regioni il Bundesrat potrà essere di maggioranza di destra o di sinistra. Solo così le regioni italiane, ed anche la Sardegna, avranno davvero più poteri. Purtroppo la “attuale” proposta italiana per l’istituzione del senato delle regioni non prevede un sistema “tedesco” ma un senato in cui una giunta regionale non ha neanche diritto di voto, pertanto esautorato. Incredibile!

Ho una notizia per te. Diventi presidente della Sardegna: quale sarebbe la tua priorità?
Questa davvero è una domanda problematica e potrei darti una risposta “deformata” professionalmente. Che si introducano finalmente due o tre ore di Sardo nella variante locale nelle scuole elementari e che si assumano, solo a questo scopo, di concerto con il ministero, 3-400 insegnanti. Così dalla consapevolezza ed il prestigio della lingua locale dopo 10 o 15 ani si potrebbe passare a discutere di lingua unificata o comune.
Visto che vuoi darmi spazio ascolta i 9 minuti di musica e immagini dall’opera lirica i Shardana del nostro Ennio Porrino: ti verranno i brividi.


Andrea Randaccio
iRS Gallura

sabato 21 luglio 2012

iRS partecipa alla manifestazione Svegliamoci Sardegna a Santa Teresa



L'intevento del sindaco Mario Satta
iRS, coerentemente con i propri ideali che vedono la sovranità nei trasporti quali uno degli obiettivi imprescindibili della Sardegna,  ha aderito alla manifestazione tenutasi a Santa Teresa il 20 luglio.
Alla manifestazione, organanizzata dal movimento Sardegna Svegliamoci hannno partecipato diversi sindaci del nord Sardegna ed il comitato per la continutà territoriale, ed ha visto una massiccia  partecipazione della popolazione di Santa Teresa e di tanti turisti presenti nella cittadina Gallurese.
Come dettoci iRS ha dato il suo contributo fattivo alla manifestazione: a livello istituzionale con il sindaco di Perfugas Mario Satta, autore di un pregevole intervento, e da un punto di vista operativo con le riprese della manifestazione effettuate dall'attivista di Santa Teresa Antonio Taras e con un contributo sugli aspetti finanziari della gestione Saremar e CIN effettuato da Andrea Randaccio.
Da sempre
iRS ritiene fondamentale la costituzione di una compagnia navale sarda che operi in regime di concorrenza. Il tentativo che è stato effettuato dalla Regione Sardegna con Saremar, che garantisce un servizio limitato ma già con eccellenti risultati economici, dimostra senza timore di smentite che quanto sta accadendo in questi giorni col regalo della Tirrenia alla CIN e che determina sostanzialmente una situazione di monopolio deve essere assolutamente evitato.
Gli attivisti iRS (da destra) Crobe Salvatore (Resp. politico Gallura) Taras Stefania, Taras Antonio (Resp. Organizzazione), Randaccio Andrea (Resp. Comunicazione).
Infatti aumentare la concorrenza tra vettori vuol dire potenziare e diversificare l'offerta ai cittadini. Inoltre dotarsi di una flotta Sarda significa promuovere i nostri prodotti e la nostra cultura, avere un indotto di migliaia di posti di lavoro. Ultimo, ma non meno decisivo, tale azienda verserebbe le imposte direttamente in Sardegna.
iRS sostiene che le risorse per Saremar vadano reperite anche in quei miliardi di euro che l’Italia deve alla Sardegna per via dell'annosa questione entrate.